In un mondo ideale, la giustizia rappresenterebbe il pilastro fondamentale della nostra società, garantendo equità e protezione per tutti. Tuttavia, la realtà ci dimostra quotidianamente come questo antico valore stia attraversando una profonda crisi, soprattutto quando si trasforma in uno strumento che ferisce proprio coloro che dovrebbe tutelare: gli innocenti accusati ingiustamente.
Parliamo della “giustizia giusta” o epochèia, poiché a volte seguire rigidamente le regole e fare la cosa giusta non coincidono. Questa antica virtù, studiata approfonditamente da Aristotele e numerosi filosofi successivi, rappresenta l’equilibrio tra la legge scritta e l’equità sostanziale – un ideale sempre più difficile da raggiungere nel nostro sistema attuale.
Nel corso dei secoli, pensatori e intellettuali hanno offerto diverse interpretazioni di questo concetto. Per il giornalista e critico cinematografico francese Robert Brasillach, “La Giustizia è seimila anni di errori giudiziari”. In contrasto, il filosofo Pierre-Joseph Proudhon la definisce “la stella centrale che governa la società, il polo intorno al quale ruota il mondo politico, il principio e la regola di tutte le transazioni.”
La scienza moderna ha contribuito a questa riflessione, suggerendo che il senso di giustizia non sia solo un’idea astratta, ma abbia radici biologiche nell’area dorsolaterale della corteccia prefrontale del nostro cervello – la regione che genera il desiderio, esclusivamente umano, di punire chi commette ingiustizie.
Le teorie della giustizia sembrano spesso costruite per mondi ideali, mentre nella realtà quotidiana le vittime di ingiustizie sono persone in carne ed ossa che subiscono conseguenze devastanti.
Nell’attuale realtà italiana, un dato appare incontestabile: il modello disegnato dalla Carta costituzionale è entrato in profonda crisi. Questo squilibrio deriva da una progressiva debolezza del potere politico, sia per incapacità endogena sia per un’operazione di supplenza che l’ordine giudiziario ha gradualmente esercitato senza il necessario controllo.
Il principio stabilito dall’articolo 112 della Costituzione, che impone all’autorità inquirente di avviare l’azione penale ogni volta che viene a conoscenza di ipotesi di reato, si rivela spesso una “foglia di fico” dietro cui si nasconde un ampio potere discrezionale del PM. Questa discrezionalità si traduce nella facoltà di scegliere quali casi perseguire con tempestività e quali abbandonare alla prescrizione, assumendo di fatto la forma di un atto politico privo di adeguati controlli.
Il malfunzionamento del sistema giudiziario non ha solo conseguenze individuali, ma produce danni concreti all’economia nazionale. Come evidenziato da numerosi indicatori internazionali, la “mala giustizia” rappresenta un significativo freno allo sviluppo e all’attrazione di capitali esteri, costituendo un pregiudizio indiscutibile per l’economia italiana.
Quando un individuo viene accusato ingiustamente, l’effetto sulla sua psicologia può essere devastante e duraturo. La reputazione, l’autostima e le relazioni personali vengono profondamente danneggiate. L’innocente viene privato della propria dignità, mentre l’esposizione pubblica delle accuse genera sentimenti di vergogna e umiliazione che possono persistere anche dopo il riconoscimento dell’innocenza.
Quando un individuo viene accusato ingiustamente, l’effetto sulla sua psicologia può essere devastante e duraturo. La reputazione, l’autostima e le relazioni personali vengono profondamente danneggiate. L’innocente viene privato della propria dignità, mentre l’esposizione pubblica delle accuse genera sentimenti di vergogna e umiliazione che possono persistere anche dopo il riconoscimento dell’innocenza.
Le vittime di false accuse subiscono conseguenze psicologiche che possono manifestarsi come veri e propri disturbi: ansia cronica, attacchi di panico, depressione e disturbo post-traumatico da stress sono alcune delle condizioni più frequentemente diagnosticate. La domanda che tormenta l’accusato diventa: “Cosa mi resta se la Giustizia nella quale credevo è ingiusta a mio discapito?”
L’impatto si estende oltre la sfera individuale, coinvolgendo famiglie intere e reti sociali. Le relazioni si deteriorano, la fiducia negli altri viene minata alla radice e si sviluppa un isolamento progressivo che aggrava ulteriormente la condizione psicologica.
È fondamentale che le vittime di accuse infondate ricevano adeguato sostegno emotivo e psicologico. Un percorso terapeutico mirato può aiutare a elaborare il trauma, gestire le emozioni negative e ricostruire gradualmente la fiducia in sé stessi e negli altri. Parallelamente, l’assistenza legale competente rappresenta un elemento cruciale per contrastare efficacemente l’ingiustizia subita.
La resilienza di fronte a un’accusa ingiusta richiede strategie specifiche: mantenere la calma nonostante lo shock iniziale, documentare accuratamente ogni elemento utile alla propria difesa, circondasi di professionisti competenti e cercare il supporto di familiari e amici fidati.
Il percorso verso la riabilitazione psicologica è lungo e complesso, ma rappresenta un passaggio necessario per superare questa dolorosa esperienza e ritrovare un equilibrio personale e sociale.
La giustizia ingannata non è solo un problema giuridico o politico, ma una ferita profonda che colpisce l’essenza stessa dell’individuo, la sua identità e il suo rapporto con la società. Comprendere l’impatto psicologico delle accuse ingiuste è il primo passo per costruire un sistema più equo e consapevole, capace di proteggere veramente chi è innocente e di riparare, per quanto possibile, ai danni causati quando fallisce nel suo compito fondamentale.
Articolo a cura della Dott.ssa Maria Grazia Santucci e della Dott.ssa Giovannina Marasco, Psicologa Clinica e Forense Specializzanda in Psicoterapia Sistemica
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